Oltre 100 Comuni siciliani sull’orlo del dissesto finanziario

 

Un altro Comune siciliano rischierebbe il dissesto finanziario. Parliamo di Messina su cui aleggia una pesante relazione della Corte dei conti. Le finanze dell’ente sono sul filo del default e il piano di risanamento varato negli anni scorsi non sarebbe bastevole.

A lanciare l’ennesimo allarme è Antudo, movimento a cui fanno riferimento decine di realtà sociali e comitati territoriali che si muovono per l’autodeterminazione e l’autogoverno dei territori. La sua analisi fa riferimento alla severissima relazione della Corte dei Conti sul piano di riequilibrio del Comune di Messina. “Ha di fatto smontato la narrazione dell’ente locale della città dello Stretto – si legge in una nota – come esempio di risanamento finanziario. Nei prossimi mesi sapremo se si andrà verso una procedura di dissesto o se si assisterà a una ulteriore rimodulazione della procedura di rientro dal debito. Adesso è di turno il Comune di Barcellona. Dopo anni di dibattiti d’aula, polemiche e gestione del ‘piano di riequilibrio’, si trova a dover fare i conti con la crisi delle previsioni di rientro e si appresta a dichiarare il dissesto finanziario dell’ente”.

Intanto i Comuni siciliani in dissesto o predissesto sono arrivati a oltre 100 e il numero aumenta di giorno in giorno. Tra questi i Comuni più importanti, per numero di abitanti, Palermo, Catania, Messina. Nella provincia Messinese figurano altre città importanti come Barcellona, Milazzo e Taormina. Già l’Anci Sicilia a inizio mese ha segnalato in una nota ufficiale che “siamo in presenza di un dato di carattere strutturale non più risolvibile con le normali procedure dettate dal Testo Unico degli Enti Locali”.

Cause strutturali che, secondo Antudo, sarebbero da individuare nella riduzione dei trasferimenti dal centro alla periferia. Oltre che nella “discutibile gestione delle risorse di numerose amministrazioni comunali”. “Adesso – continua il movimento – è urgente operare un cambio di passo che guardi a un obiettivo. Cambiare le regole del gioco. Anche perché abbiamo la prova che i piani di riequilibrio hanno solo rimandato il problema senza risolverlo. La partita in questo momento ha a che vedere con la sopravvivenza dei Comuni e l’esistenza dei servizi per i suoi abitanti. Su questo, amministrazioni locali, partiti, sindacati, associazioni, movimenti dovrebbero interrogarsi, poiché l’unica strada è una soluzione politica, una trattativa tra territori e istituzioni centrali”.